La mia sfida al blu… del mare profondo

Il mare è un mondo a sé e quando ci avviciniamo dobbiamo comprenderne le leggi e rispettarle perché il mare è fonte di vita e senza mare niente potrebbe esistere.

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Da sempre sono affascinato dai luoghi lontani dalla contaminazione dell’uomo, dalla sua frequentazione abituale. Sono luoghi di perfetto e precario equilibrio naturale, luoghi senza tempo, inospitali, duri, affascinanti: lì possiamo essere solo di passaggio.

Sono nato a Napoli. L’azzurro ed il sale fanno parte del mio DNA della mia storia. Ed è da bambino che ho avuto il colpo di fulmine per il mare… lo guardavo, mi incantavo e gli ho fatto una promessa senza rendermene conto: “io non ti lascerò mai!”. 

Ho amato l’apnea da subito; nelle estati in Calabria da bambino ero affascinato dalle storie dei pescatori del luogo, del mito delle loro catture, delle avventure al limite dell’incoscienza. Mi chiedevo, chissà cosa c’è in fondo al mare e me lo chiedo tutt’ora perché è la curiosità che spinge la voglia di fare e di mettersi alla prova. Il fascino della pesca e dell’immersione in un elemento misterioso sono alimentate da questa curiosità e la curiosità crea la sfida.

Sono un pescatore e spesso vengo criticato per questo, ma la pesca è tra le attività umane più antiche, legata all’istinto di sopravvivenza dell’uomo.
Oggi, praticata a livello industriale e senza scrupoli, è da considerare una delle attività umane più distruttive nei confronti dell’equilibrio degli ecosistemi. In questo consiste l’ingiustizia, nell’eccessivo, miope sfruttamento del mare. Questa pesca la combatto anche io e da sempre sostengo che la pesca subacquea in apnea, è la forma più sostenibile di pesca perché si pratica in un elemento dove abbiamo tempi di permanenza molto limitati: secondi, minuti per qualche persona dotata, scarsa velocità di movimento in confronto ai pesci, armi molto rudimentali come i fucili che sparano frecce a non più di qualche metro. La pesca in apnea  fatta su pochi adulti non altera gli equilibri dell’ambiente marino.

Sfidarmi, migliorarmi. Raggiungere un limite e comprenderlo, poi superarlo… L’incoscienza prima citata si trasforma in conoscenza di sé. Pratico la pesca subacquea estrema perché voglio scoprire fin dove posso arrivare, fin dove posso spingermi. Mi piace misurarmi con il mare. Sono un essere umano e già so che il mare vincerà sempre però sfiorare l’impossibile mi attrae e sfiorarlo in mare è la mia passione.

Le sfide al mare non si fermano alla pesca perché non è affatto detto che la cattura materiale di un esemplare di pesce sia la cosa più emozionante! Nel mondo sottomarino c’è molto più da catturare con gli occhi che non con un fucile ed una cattura fotografica rimane per sempre nei tuoi ricordi ed in quelli con cui la condividi. Amo scoprire gli angoli più remoti che una bella destinazione offre, i più inesplorati, con maggior possibilità di osservare una natura indisturbata, in equilibrio. Amo farlo in apnea perché in questo modo mi sento parte di quell’angolo di mare.

La parte nord della Calabria è, la mia casa base. Quasi tutte le mie avventure partono da lì, dai quei luoghi in cui sono cresciuto e ai quali sono indissolubilmente legato.

Nelle estati della mia infanzia, verso la fine di agosto, facevamo a gara con i miei amici a chi avvistava per primo i tonni in lontananza. Il loro arrivo segnava la fine delle vacanze, ma non appena scorgevamo la schiuma bianca del branco in lontananza che va a caccia, gridavamo come matti mettendoci a correre sulla spiaggia con il desiderio ingenuo di tuffarci e raggiungerli. Sono riuscito a realizzare quel desiderio.

Siamo a circa 15 miglia dalla costa, qui il mare è profondo centinaia di metri e ricco di gamberi rossi.
È pomeriggio, il sole comincia ad abbassarsi sull’orizzonte e la luce a scarseggiare.
Avvisto i banchi da lontano, con lo spumeggiare delle acque che da il segnale di avvicinamento. Mi raggiungono in un battibaleno.
Ci siamo in mezzo oramai, mi tuffo… centinaia e centinaia di tonni che sfrecciano insieme nuotando ad una velocità incredibile e senza apparente sforzo. I loro colori argentei riflettono la luce di superficie. Il cuore va a mille, non credo ai miei occhi. 

Vorrei poter condividere tutto questo con gli amici del passato perché so che anche loro proverebbero le stesse sensazioni.

Lotto tra meraviglia e concentrazione nello scattare le mie foto anche questa volta vorrei non dover per forza respirare.
Ora il banco scompare, nuota veloce verso nord. È qualcosa di fiabesco.
Il sole è ormai verso il tramonto e noi dobbiamo rientrare. Sono felice, non so come altro descrivere quello che provo.  Li vedo andare via danzando con i miei ricordi d’infanzia dal sapore di acqua salata.


Nei mesi di maggio e giugno soprattutto si radunano a largo delle coste calabresi nel loro viaggio verso nord e qui vengono catturati a migliaia dalle tonnare…

Quello che si consuma è il moderno massacro delle tonnare. Una volta i tonni venivano convogliati verso la costa e chiusi in una morsa mortale che finiva nel tradizionale massacro della mattanza con l’acqua che diventava rossa del sangue dei tonni!
Oggi in modo apparentemente meno cruento vengono radunati in grandi gabbie galleggianti, vivi, e trasportati a largo di Malta per la vendita ai Giapponesi.

Questa non è pesca e questa non è industria. Sfruttamento selvaggio di una risorsa volta al profitto senza scrupolo che non ha rispetto di nulla non può essere classificato se non come distruzione.

 

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Pierluigi  Leggeri è un apneista formatosi inizialmente alla scuola di Stefano Makula. Pratica la pesca estrema in apnea da anni ed è impegnato attivamente, insieme al DAN, FIPSAS e APNEA ACCADEMY,  in un progetto di ricerca sul fenomeno della Taravana (che colpisce a volte chi pratica questo sport) che presenterà, assieme alla sua storia, all’European Dive Show di Bologna il prossimo mese di Marzo.
Le sue esperienze sono raccolte nel suo sito DEEP SEA HUNTING 

www.eudishow.eu

(NB) TUTTE LE IMMAGINI SONO COPERTE DA COPYRIGHT Ⓒ2018 PIERLUIGI LEGGERI
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