Una madre che gioisce nel vedere la propria figlia affrontare il mondo, una madre che ha ancora un conto in sospeso con il suo Io di tanti anni prima e che vuole a tutti costi regolare
– …è freddo e la neve è compatta, ma non gelata: proprio come piace a me. Il sole del mattino l’ha scaldata quel tanto da renderla perfetta. Mi respiro il profumo degli abeti e aspetto con impazienza di vederla apparire. La mia bambina. La più piccola eppure la più decisa che non schioda mai dalle sue decisioni. Eccola!
Viene giù elegante e precisa, come è nella vita. È armonia. La stessa che ha avuto fin dal suo primo vagito e che ha messo nella nostra esistenza quasi sapesse esattamente cosa ci mancasse e lei fosse nata proprio per mettere le cose al loro posto.
Si dice che, col passare degli anni, i genitori si dimentichino di come fossero i loro figli nei primi anni, ma io non l’ho dimenticato. Nella mia testa ci sono tutte le metamorfosi dei miei figli. Ogni loro anno è anche il mio, ogni loro attimo è anche il mio. Sono nati da me, sono parte di me e il presente è solo uno stato del tempo che viviamo insieme. Non posso che sorridere felice del quadro dei suoi dodici anni. Mi sembra già una donna e il fatto che mi chiami ancora mamma mi fa stare bene. Un battito di ciglia e volerà via verso la sua vita… lontano da me… Ah non devo piangere che poi mi si gelano le lacrime… vai amore mio vai, così sei meravigliosa!
La piccola sciatrice taglia il traguardo ansimante. Immediatamente cerca la madre nel poco pubblico raccolto a fine pista. Cerca lei prima di guardare il tempo che ha fatto. Non le interessa vincere ma solo sapere di aver fatto bene e il sorriso della mamma è il trofeo più bello. Lo sa di aver fatto un buon tempo. Alla fine si gira verso il tabellone e vede il numero 1 immediatamente sotto al suo nome e al quell’ uno:quarantotto.dodici che le vale il primo trofeo della sua carriera.
Ripensa alle mattine d’estate a correre con la mamma mentre le sue amichette dormivano e si preparavano per le loro vacanze, ripensa al freddo sul Monte Cristallo e alle urla del suo allenatore perché non riusciva a piegare bene sul lato sinistro. Man mano i colori della montagna sparivano tutti e rimanevano solo il bianco, il rosso ed il blu della neve e dei paletti in alternanze precise che le facevano venire il volta stomaco. E la mamma era sempre lì con lei e guardarle e a sorriderle per ogni miglioramento. Sempre in ogni condizione di tempo. Non le diceva nulla, ma era lì ad aspettarla e questo la rendeva sicura.
Non aveva mollato mai e alla fine questo era il risultato. Uno:quarantotto.dodici record della pista per la categoria Ragazzi femminile.
– Ripaga di tutto vero Luce? Quella sensazione lì. Quell’attimo in cui ci si sente pienamente felici… ma è un attimo, amore mio, un attimo… perché dopo quella felicità passa e tu dovrai sacrificare nuovamente tutta te stessa per un altro attimo come questo. Ci si sente un po’ come i super eroi dei fumetti… e irrimediabilmente soli. Però… Io sono orgogliosa di te, di quello che sei e che sarai e questa felicità, questa di vederti brillare gli occhi come solo tu riesci a fare… questa sì che vale qualsiasi sacrificio. Ti auguro di essere madre, un giorno, anche tu per capire cosa sto provando in questo momento mentre mi abbracci e vai a prenderti la tua medaglia. Ti amo con tutta me stessa come amo i tuoi fratelli. Ora posso andare, ora che gli occhi di tutti sono su di te posso lasciarti per un po’.
Mentre sale da sola sulla seggiovia chiude gli occhi e tutto scompare. Non ci sono più gli applausi della gente mentre lo speaker acclama i nomi dei vincitori, non c’è più il rumore della musica che di solito le mette allegria, non c’è più nemmeno sua figlia.
Respira a fondo l’aria fredda che le congela i ricordi e il cuore. Il silenzio è accompagnato dalla nenia del cavo d’acciaio che scorre sui piloni e la porta su verso il monte Cimino. Quando era più giovane quel rumore le faceva venire il volta stomaco per quante volte lo aveva sentito. Ora è quasi un tornare a casa. La stessa aria profumava di casa. Aveva sempre vissuto altrove, ma qui c’era nata e a questo posto era legata indissolubilmente. Lei e il luogo si riconoscevano ogni volta che arrivava. Le montagne circostanti sembrava che percepissero la sua presenza e le offrivano la loro neve migliore.
Il cancelletto è ancora lì, subito dopo la Fontana Lunga. Appena gli stinchi toccano l’asticella le sue ginocchia vengono attraversate da un dolore disumano. Lei lo sapeva che sarebbe successo ma voleva affrontarlo lo stesso. Quasi sviene e si aggrappa ai bastoncini per non cadere. Fa lunghi respiri per calmarsi e per dire al suo corpo che è tutto sotto controllo, che va tutto bene.
– Queste casette sono di legno ma stranamente puzzano tutte di plastica… eccoti finalmente. Ne è passato di tempo. Io conosco te e tu conosci me e io devo sfidarti ancora. Ancora una volta.
Mi sei mancata parecchio lo sai? Voglio vedere se anche io sono mancata a te. Andiamo!
Sinistra… Destra… Sinistra… Destra… Ecco il Piano dell’Orso dai vediamo chi è il più forte! Così… perfetto. Resistete piccole resistete, se entro così alla Carcentina non mi fermo più…
La folla ha notato il tabellone con il cronometro che ha ripreso a correre all’impazzata, ma nessuno ci fa caso. Tutti concentrati sui piccoli campioni che ricevono applausi, baci e abbracci. La musica è alta e un enorme pupazzo di Topolino balle sulle sue note mentre fa le fotografie di rito con chi ha la medaglia al collo.
Neanche i ragazzi che pure, più di una volta, si erano girati a guardare la pista commentando fra di loro le porte più difficili, vedono quel proiettile rosa che sbuca dal muro di San Pietro. Disegna traiettorie diverse che non ne rallentano la corsa. Scende giù ad una velocità impensabile o che pochi ricordano. Man mano però gli occhi vanno su di lei e le voci si assopiscono. Gli occhi vengono catturati da quell’armonia. Le curve del Coston e del Feleit tagliate via di netto senza saltare una porta. Nessuno parla più, ci sono solo bocche aperte e la musica, che nessuno ha fermato, suona in un silenzio irreale. Quello che si ferma è il tempo. Uno:zerootto.ottanta
Il nome della prima in classifica viene sostituito dal vuoto e sotto al vuoto il tempo e sotto al tempo il numero 1 che lampeggia.
Tutti gli occhi ora la fissano e lei sorride perché sa di aver superato se stessa dopo venti anni. Sa che è possibile sognare e sorridere al destino anche se quello si diverte a cancellare il sorriso e soprattutto sa che il talento glielo hanno donato queste montagne e lei voleva ringraziare per questo e mostrare loro, ancora una volta, che lei ha onorato quel dono.
Luce corre verso la mamma e l’abbraccia con tutte le sue forze. Sul tabellone lo spazio vuoto viene riempito.
LA DEBORAH
1:08:80
– 1 –
Deborah Compagnoni dal 2002 sostiene la battaglia contro la leucemia con la sua ONLUS: SCIARE PER LA VITA